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Gli accordi prendono il nome dal patriarca Abramo, considerato un profeta da entrambe le religioni dell’ebraismo e dell’islam, e difatti condiviso dai popoli ebraico ed arabo (tramite Isacco ed Ismaele), ma permettetemi di aggiungere, anche dal nostro cristianesimo…

Parliamo di un accordo raggiunto il 13Agosto del 2020,  derivante da una dichiarazione congiunta tra Israele, Emirati Arabi Uniti e Stati Uniti che ha segnato l’inizio delle relazioni tra un Paese arabo e Israele dopo quelle formalizzate con l’Egitto nel 1979 e con la Giordania nel 1994. 
Gli accordi di Abramo firmati il 15 settembre 2020 presso la casa binaca a Washinton ha visto la firma dei ministri degli esteri degli Emirati Arabi Uniti, del ministro degli esteri del Bahrein, del presidente degli Stati Uniti e del primo ministro israeliano, l’attuale Benjamin Netanyahu…
Con l’accordo si sanciva la normalizzazione delle relazioni diplomatiche tra Israele e Bahrain, ovvero una dichiarazione di pace e amichevoli cooperazione e relazioni diplomatiche, inoltre, si puntava ad trattato di pace che prevedesse relazioni diplomatiche e piena normalizzazione tra gli Emirati Arabi Uniti e lo Stato di Israele, i quali si impegnano nell’instaurazione della pace, della prosperità e della sicurezza nella regione mediorientale.
Tuttavia, l’accordo firmato non teneva conto e soprattutto non specifica a quale porzione di territori ci si riferisca, in particolare nulla era stato redatto sulla questione palestinese e quindi su quei territori occupati da Israele, nonostante le condanne ricevute dalla comunità internazionale.
E difatti, il mancato riconoscimento di quei territori, mi riferisco alla Cisgiordania, Gerusalemme est e la Striscia di Gaza, considerati come riportavo sopra una violazione internazionale, hanno alimentato ancor di più quel sentimento di odio da parte dei paesi arabi nei confronti degli israeliani, tanto d’aver imposto a tutti gli Stati di matrice musulmana di astenersi a manifestazioni di riconoscimento internazionale nei confronti di quello Stato israeliano!!!
Ecco quindi il reale motivo che ha portato finora a sabotare qualsivoglia possibile accordo e non vi sarà – vedrete – alcuna tregua che obblighi Israele alla restituzione dei territori occupati, anzi, il nuovo conflitto porterà alla totale annessione di quei territori attualmente coivolti nelle operazioni militari. 
Solo attraverso la costituzione di un nuovo Stato e di un’area destinata a cuscinetto (sotto il controllo dell’Onu), si potrà giungere ad una celere soluzione, altrimenti il conflitto non potrà che continuare e ahimè allargarsi… 

C’è un’isola che si è formata improvvisamente nel Mediterraneo dinnanzi a quel territorio palestinese…

Se la si guarda da lontano, sembra che abbia la forma di un uomo che non trova pace con se stesso, già… è come se riflettesse su tutti i fallimenti commessi!!!

Debbo forse credere che quella sua inaspettata presenza serva a far comprendere agli uomini di aver perso la  speranza e che questo mondo sta evidenziando d’esser estraneo ai problemi di quelle popolazioni attualmente in conflitto o  poste sotto dittatura, come se vi fosse negli uomini un  vuoto interiore che fa sì di dedicarci a manifestazioni televise effimere, dimenticando viceversa quanto poco sia rimasto intorno a noi…

Osservo ovunque indifferenza, già… nessuno sforzo, se non proprio il minimo contrasto a questo stato di fatto, come se si accettasse a priori che qualsivoglia nostro sforzo, rappresenti qualcosa di vano…

Nessun dubbio, nessuna lotta e ancor meno si sente l’altrui dolore, già… si fanno trascorrere le giornate come se quanto stia accadando laggiù… sia lontano, già… da noi, che non ci riguardi affatto!!! 

Forse si è deciso di non pensarsi, l’indifferenza ha avuto il sopravvento e chissà se non sia il reale motivo per cui abbiamo chiuso gli occhi o quantomeno ci siamo girati dall’altra parte, sì…per non ascoltare le grida e il dolore di quelle donne, anziani e bambini…

Aspettiamo quindi che quel grido di dolore ci lasci, crediamo che non dipenda da noi ed inoltre che la nostra condizione di benessere non verrà influenzata da quegli avvenimenti, perchè tutto è stato deciso e noi ci siamo posti nella situazione che ci fa dire: non possiamo far altro che rassegnarci a questo stato di cose!!!

Non vogliamo vedere al di là di noi stessi, siamo così indifferenti che abbiamo dimenticato quali sono i veri valori, manchiamo totalmente di empatia, sì… di quella considerazione che dovremmo avere nei confronti degli altri, in particolare di chi sta soffrendo e di quanto possiamo fare noi con le nostre azioni, perchè va ricordato che le sofferenze altrui sono anche le nostre ed è ciò che deve spingere ciascuno ad intervenire e proteggere chi è oggi in difficoltà, per prevenire e alleviare le sofferenze.

Perché… per rispettare i nostri simili è fondamentale essere fedeli nel rispettare sempre la vita, la libertà, la salute, le idee, i costumi e le religioni professate, eliminando qualsivoglia concetto di superiorità e di inferiorità, in particolare quando quest’ultimi vengono messi in pratica in maniera coercitiva!!!

I più grandi crimini nel mondo non sono commessi da persone che infrangono le regole, ma da persone che seguono le regole ed è gente che esegue gli ordini, bombarda e distrugge villaggi.

Basta!!!

Non si può continuare così!!! I civili palestinesi non c’entrano nulla, non sono Hamas e soprattutto non sono legati alle politiche di Teheran!!!

Bisogna trovare quindi in maniera celere una soluzione che soddisfi entrambe le parti in causa, iniziando (ad esempio) liberando gli ostaggi israeliani ancora in vita e dall’altra parte, ritirando i mezzi militari attualmente presenti, evitando così le operazioni militari in corso all’interno di Rafah…

Bisogna creare celermente uno Stato Palestinese e l’Assemblea dell’Onu invece di pensare ad approvare risoluzioni che riconoscano sì… in un prossimo futuro la “Palestina” come status di membro a pieno titolo, deve viceversa riunire tutti gli Stati arabi limitrofi e Israle, per trovare una soluzione territoriale definitiva che possa soddisfare tutti!!!

D’altronde ritengo che non bisogna ripetere gli errori fatti in passato e mi riferisco a ciò che non vuol essere storicamente riportato dopo la sconfitta della coalizione araba!!!

Difatti poco o nulla si riporta sulle aspre ricriminazioni che si scatenarono tra i palestinesi e i loro alleati arabi, in particolare nel momento in cui quei disperati profughi giunsero nei territori degli stati confinanti!!!

Quest’ultimi infatti, se da un lato aprirono loro i confini, di fatto, diedero vita a forti tensioni sociali, avendo considerato quei loro “fratelli” palestinesi dei veri e propri codardi, sì… non solo per aver abbandonato la loro patria, ma per aver altresì preteso che altri combattessero al loro posto.

Ecco perché credo che tutti i Palestinesi debbano nuovamente riunirsi (sì… per come hanno fatto a suo tempo gli ebrei di tutto il mondo, subito dopo la seconda guerra mondiale) all’interno di un nuovo Stato approvato dall’ONU!!!

D’altronde resto dell’idea che se lo Stato d’Israele avesse a suo tempo perso la guerra, quel suo territorio non sarebbe stato – per come molti storici vorrebbero farci credere – ceduto ai Palestinesi, ma viceversa (vedasi d’altronde quanto la storia insegna) sarebbe stato suddiviso tra le forze vincitrici arabe, per quella semplice ragione che mai nessuno di essi – ieri come oggi –  ha mai considerato il territorio della Palestina, una vera e propria nazione autonoma!!!

E’ proprio vero: il successo ha molti padri. L’insuccesso è sempre orfano!!!

In questi giorni stiamo assistendo come in molte città del mondo vi siano manifestazioni contro Israele, in particolare sono le sedi universitarie ad essere state prese d’assalto e occupate…

Anche a Tel Aviv molti israeliani sono scesi in piazza (in particolare, ma non solo, i familiari presi in ostaggio da Hamas)  per protestare contro le politiche di governo e difatti nel mirino delle proteste vi è Benyamin Netanyahu che evidenzia non avere alcuna intenzione di barattare quei 130 connazionali con un eventuale accordo di tregua di lunga durata. 

Ritengo comunque che nonostante molti credano che le trattative portate avanti dal Cairo possano a breve concretizzarsi, il sottoscritto ritiene che il governo israeliano voglia portare avanti l’operazione militare nella città di Rafah, dove sono attualmente concentrati gli sfollati palestinesi della Striscia di Gaza.

Difatti il Capo del governo Netanyahu ha ribadito che “l’idea di porre fine alla guerra prima di raggiungere tutti i nostri obiettivi è inaccettabile; noi – ha spiegato – entreremo a Rafah e annienteremo tutti i battaglioni di Hamas presenti lì, con o senza un accordo, per ottenere la vittoria totale”. 

A dimostrazione quindi di quanto il sottoscritto già da tempo abbia più volte anticipato, non saranno ne gli Stati Uniti a bloccare l’operazione via terra e ancor meno l’Onu opuure la giustizia internazionale della Corte penale dell’Aja che potrebbe condannare per crimini di guerra il premier israeliano e alcuni membri della leadership politico/militare d’Israele.

La verità che non solo Israele è stanca di queste forze fondamentaliste militari, ma anche altri Paesi arabi sono infastiditi dal doversi sottomettere a quei capi Hezbollah, Houthi e Hamas, che si sa essere sovvenzionati da Teheran!!!

Difatti, sono queste forze paramilitari a permettere all’Iran di aumentare la propria influenza internazionale, anche nei confronti di quei paesi amici come Turchia e Turkmenistan; difatti… l’Iran grazie a quei gruppi mostra i muscoli nei confronti degli altri paesi arabi limitrofi come ad esempio l’Arabia Saudita, l’Iraq, l’Afganistan, ma anche lo stesso Pakistan di cui Teheran non vede di buon occhio il legame tra Islamabad e Washington, anche se bisogna dire che grazie al progetto “pipeline” e cioè al gasdotto che trasporta il gas del giacimento di South Pars nel Golfo Persico a Karachi, tra i due Paesi si è di fatto creato un cordone ombelicale che lega per l’appunto a doppio filo Teheran e Islamabad, liberando tra l’altro ciascuno di essi, dalla dipendenza dalle rotte occidentali….

Ed infine, vorrei ricordare come quelle forze fonfamentaliste servono a garantire all’Iran una forma di “difesa” nei confronti del suoi diretto contendente, mi riferisco ad Israele (e di conseguenza al suo diretto alleato “Stati Uniti”), certamente quest’ultimo militarmente più forte, anche in virtù delle armi nucleari a sua disposizione e infatti un aggressione agli interessi iraniani, potrebbe far scaturire un conflitto su più fronti con attacchi terroristici mirati, in tutte le città del mondo…

Certamente tutte le persone di buona volontà auspicano che si giunga presto alla fine del conflitto ed è giusto manifestare e far sentire la propria voce affinchè si possa raggiungere una pace duratura; ma ho come la sensazione che non tutto ciò che ci viene rappresentato dai media sia esclusivamente compiuto per il popolo palestinese, ma viceversa, credo che dietro molte di quelle manifestazioni pro-Palestina si celino messaggi di carattere antisemita e questo non può essere accettato, perché si tende a dimenticare quanto accaduto ahimè a quel popolo il secolo scorso…

Perdonate, ma non posso quindi approvare cartelloni con scritte antisemita come ad esempio “Rivedrete Hitler all’inferno” oppure “Apriteci i confini, così possiamo uccidere i sionisti, gli ebrei” o alri ancora: “Israele terrorista“!!!

La violenza si sa… genera nuova violenza e finché gli esseri umani si prefiggeranno la distruzione dei propri simili, finché il loro unico desiderio sarà vedere distrutti i loro fratelli, beh… nessuna pace potrà mai coesistere e i conflitti saranno sempre destinati a continuare!!!

E quindi, per quanto possa condividere e apprezzare le degne motivazioni di molti di quei pacifisti, resto comunque un intransigente oppositore dei metodi violenti anche laddove vengono posti al servizio delle più nobili cause!!!

Hamas ha dichiarato che è pronto a sciogliere il suo braccio armato in caso di creazione di uno Stato di Palestina entro i confini del 1967. 

Lo ha riportato il capo dell’ufficio politico di Hamas, Ismaïl Haniyeh, incontrando il ministro degli esteri turco Hakan Fidan.

Secondo i media del Qatar, questa è la prima volta che i vertici di Hamas parlano alla divisione tra il ramo politico e quello militare del movimento. 

Il problema però da dover superare, è che nel dichiarare quanto sopra il leader di Hamas dimentica del cosiddetto “Diritto Bellico” e cioè di quelle occupazioni militari di territori stranieri. convenzionalmente ed internazionalmente chiariti dalla Convenzione de L’Aia del 1907, ove per occupazione militare si intende la presenza di forze armate straniere all’interno del territorio di uno Stato in misura preponderante rispetto a quella delle forze armate dello Stato occupato.

Ora, avendo richiesto Hamas la creazione di uno Stato di Palestina entro i confini del 1967 fa riferimento quindi ai territori prima della “guerra dei sei giorni” (uno dei tanti conflitti arabo-israeliani che vide contrapposti Israele e le nazioni confinanti di Egitto, Siria e Giordania, una guerra che come sappiamo, si tramutò in una netta vittoria israeliana nonostante la superiorità numerica dei difensori arabi), ma bisogna – prima di addentrarci nella questione – fare alcune premesse sull’allora status giuridico della Striscia di Gaza, della Cisgiordania e della città di Gerusalemme est, territori che ora vengono rivendicati da Hamas e quindi dai palestinesi come parte integrante dello Stato di Palestina. 

Parliamo di territori designati dopo il 1967 – secondo la comunità internazionale – come territori militarmente occupati da Israele e difatti quest’ultimo unitamente all’Egitto, mantiene sulla Striscia il blocco terrestre, aereo e marittimo, esercitando, inoltre, il controllo sul genere delle merci in entrata a Gaza, il cui volume equivale ad un quarto del flusso precedente al blocco. 

Ricordò altresì come la marina israeliana detiene un blocco marittimo a tre miglia nautiche dalla costa ed anche l’Egitto –prima dei rivolgimenti democratici del febbraio-marzo 2011- stava costruendo una barriera d’acciaio sotterranea per evitare la violazione del blocco con i tunnel. quindi, a causa dell’embargo i palestinesi sono limitati nei loro movimenti via terra, aria e mare e l’impatto di dodici anni di blocco si è ulteriormente accentuato dopo quasi tre anni dalla fine dei 51 giorni di offensiva israeliana nel 2014.

Da quanto sopra si comprende quindi come l’occupazione non determini di per sé l’acquisto della sovranità da parte dell’occupante sul territorio occupato, ma origina il controllo effettivo dell’esercito invasore, il quale impone la propria autorità in maniera stabile. 

Si comprende quindi come l’occupazione venga oggi concepita diversamente da quanto accadeva nei secoli scorsi e cioè come una condizione transitoria, destinata a concludersi già nel corso del conflitto, con il ritiro delle truppe occupanti e il ripristino della piena sovranità dello Stato occupato o al più tardi, al termine delle ostilità, con la definizione del destino del territorio occupato nel trattato di pace.

Ecco perchè le fonti derivanti dalle convenzioni internazionali dell’Aja del 1899 e del 1907 (le stesse che costituiscono prevalentemente il Diritto consuetudinario a cui si somma la Terza convenzione di Ginevra sul trattamento dei prigionieri di guerra) evidenzi come i prigionieri di guerra, se pur in potere del governo nemico, restano di fatto individui e devono essere trattati con umanità, le cui tutele si acquisiscono dal momento stesso in cui si cade in potere del nemico, e sino alla liberazione e al rimpatrio definitivo.

Da quanto sopra riportato si comprende come si sia creata una convergenza tra il diritto bellico e il diritto umanitario che contiene le norme comportamentali, una nuova giurisdizione che supera l’accusa secondo cui i tribunali di guerra sono stati talvolta accusati di favoritismi verso i vincitori difatti nel passato e non di rado si è patita l’applicazione di norme del paese di provenienza del fronte militare vittorioso (e/o di una coalizione di paesi vincenti), mediante un tentativo di estensione giurisdizionale giustificata da mere circostanze di fatto e non di diritto. 

Ma sono questi i motivi per cui ritengo di difficile soluzione quanto ora richiesto dal leader di Hamas e cioè il ritorno ad uno stato di fatto antecedente al 1967; viceversa reputo più agevole giungere ad una nuova soluzione internazionale e cioè quella di creare un nuovo Stato di Palestina, conforme alla propria giurisprudenza nazionale e nel rispetto della Corte internazionale di giustizia, affinchè si tenga conto delle esigenze di un popolo, da troppo tempo costretto a vivere come rifugiato.