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Ho ascoltato la deposizione dell’ex Presidente del Tribunale di Palermo, sezione misure di prevenzione e se pur posta ora nei banchi degli imputati, si comporta come fosse ancora Lei il giudice di quel processo…

Si vede che ha sempre comandato!!! 
In quel suo sguardo vi è tutto l’ardire di chi non ha alcuna paura dello scontro mediatico, anzi, si fa forte di quella presenza per poter far emergere quella che Lei definisce… la sua verità!!!
In questa diatriba, non va dimenticato che l’ex magistrato, conosce in maniera perfetta le leggi di questo Stato e sarà quindi molto difficile, riuscire a portare in fallo quella sua ex  funzionaria… 
Certo, quando esordisce parlando dei giudici Chinnici, Falcone e soprattutto Borsellino, il mio primo pensiero è stato a quella intercettazione telefonica, nella quale certamente non manifestava grande stima per i loro familiari, in particolare per Manfredi Borsellino ritenuto “uno squilibrato, lo è sempre stato, lo era pure quando era piccolo”, mentre per la sorella Lucia dichiarava: “è cretina precisa”. 
Ora se è vero che quei magistrati le sono stati insegnanti nella sua professione, forse chissà – ascoltando quanto intercettato – quei giudici, avrebbero dovuto curare principalmente quella sua educazione… 
Tralasciando tutta la storia della sua vita di cui poco m’importa e che, visti i fatti emersi successivamente, ritengo non abbiano più valore…
Sì… è come sapere che un poliziotto durante la propria vita è riuscito a farsi strada compiendo durante quel suo incarico centinaia d’arresti eccellenti, ma poi, giunto alla fine della sua carriera, quasi in procinto della pensione, si è messo a spacciare per conto di un’associazione criminale: a cosa son serviti anni di gloria, quando alla fine la scelta è stata questa??? 
D’altronde lo stesso avvocato Raffaele Bonsignore, parte civile con l’imprenditore Vincenzo Corrado Rappa, stoppando l’ex magistrato ha dichiarato: “Mi sembra che stiamo un po’ divagando su temi che nulla hanno a che fare con l’oggetto del processo“!!!
Ma la parte più interessante dell’interrogatorio è quando a sorpresa l’ex magistrato dichiara: “L’altra sera ho ritrovato casualmente l’agenda in cui mettevo i biglietti che ricevevo ogni giorno. Mi segnalavano gli amministratori giudiziari da nominare. La consegnerò al tribunale questa agenda”!!!
Ed inizia così, con un elenco di persone…
Colleghi, ma anche avvocati (minch… guarda che novità: il sottoscritto ha denunciato in tempi non sospetti quelle collusioni… ancor prima che nascesse la stessa vicenda “Saguto.”.. ma chissà perché qualcuno ai piani alti, ha preferito non farla emergere; ma mi consolo con una frase: Siediti lungo la riva del fiume e aspetta, prima o poi vedrai passare il cadavere del tuo nemico”!!!
Ed allora leggiamo di queste segnalazioni portate da amici, parenti e conoscenti, persone di cui l’ex magistrato si fidava…
In quella agenda ci sono tutti i nomi e tutti facevamo a quel magistrato le proprie segnalazioni, d’altronde il business costituito da quei beni sequestrati e confiscati facevano gola a molti… in particolare a quei professionisti qualificati, soggetti che attraverso semplici corsi “full immersion” di due giorni presso il Dems, diventavano “abilitati” alla gestione di quelle particolari società sottoposte a misura di prevenzione…
Si è visto infatti come il 99% di esse siano successivamente finite in liquidazione e quei loro dipendenti, attendono ancora oggi le proprie spettanze: il sottoscritto tra l’altro è uno di questi!!!
Certo. l’ex Presidente è astuta!!!
Apre e chiude l’agenda come una fisarmonica e suona quei tasti solo quando gli fa più comodo…
Sì… sono certo che difficilmente quell’agenda finirà nelle mani dei colleghi che stanno effettuando il processo… 
Mi viene altresì da pensare ad alcuni ultimi film, come quello di Dino Risi, “In nome del popolo italiano“, oppure ad uno più recente intitolato “The Judge” o ancora, ad un best seller di John Grisham… intitolato “Ultima sentenza” dove – senza andar lontano – strane coincidenze molto similari si alternano a quelle di questo processo e se pur sembrano soltanto fantasie, nascondono in se, la realtà dei fatti…
Ecco perché sorge il dubbio che in quella sua dichiarazione “velata”, l’ex magistrato non stia avvisando chi oggi è posto lì a giudicarla…
Non so dirvi per quale motivo, ma ho come l’impressione d’aver già visto questo momento… sì con i miei occhi, forse chissà l’ho sognato, quanto descrivo difatti rappresenta qualcosa d’impossibile o innaturale, certamente un mix che nulla centra con quanto sta avvenendo all’interno di quel Tribunale di Caltanissetta, ma ripeto, ho come la sensazione di averlo già vissuto…
Sì… potrei definirlo un dejavù: ero all’interno di quell’aula e dall’alto osservavo l’ex Presidente della sezione misure di prevenzione parlare, ma il suono che usciva era stranamente diverso, più cupo, come fosse di un uomo, sì… l’ho finalmente riconosciuta, era la voce di Michele Greco che rivolgendosi alla Corte che lo stava per giudicare dichiarava: “Io desidero fare un augurio. Vi auguro la pace signor presidente, a tutti voi auguro la pace perché la pace è la tranquillità e la serenità dello spirito e della coscienza e per il compito che vi aspetta la serenità è la base fondamentale per giudicare. Non sono parole mie, sono parole di Nostro Signore che lo raccomandò a Mosè: quando devi giudicare, che ci sia la massima serenità, che è la base fondamentale. Vi auguro ancora, signor presidente, che questa pace vi accompagni per il resto della vostra vitaâ€!!!
Vedremo come finirà questa vicenda, ma oggi a differenza di ieri, ho la convinzione che quell’ex magistrato, abbia guadagnato un punto!!!
Silvio Berlusconi, “è un corruttore con assoluta coscienza e volontà di corrompereâ€!!!
A dirlo non è il sottoscritto, che in più di un occasione a messo in risalto circostanze dubbie, cui molti miei lettori hanno dimostrato coi loro commenti non gradire… 
Eppure, a pensarla così è anche il Presidente della Corte d’Appello di Napoli Patrizia Mirra ed il giudice estensore Andrea Rovida, che nelle pagine della motivazioni depositate il 12 ottobre, hanno suggellato di fatto, una compravendita di senatori…
Documenti che riportano: Berlusconi è un corruttore che circa dieci anni fa si comprò il senatore Sergio De Gregorio, e l’ha fatta franca solo grazie alla prescrizione!!! 
Come abbiamo potuto leggere, ad aiutare quel “cavaliere” di Forza Italia, ci penso il faccendiere Valter Lavitola, che venne successivamente incriminato, ma che riusci a godere anch’esso di quella nota “prescrizione”… 
Nelle motivazioni si fa riferimento all’iniziativa dell’offerta e della promessa di denaro, decisione presa direttamente da Berlusconi e non certamente da De Gregorio, al cui incontro comunque si accordo nella piena consapevolezza…
Per cui, concludendo: “Berlusconi ha, pacificamente, agito come privato corruttore e non certo come parlamentare nell’esercizio delle sue funzioniâ€!!!
Ora comprendo ancor più quest’ultimo suo particolare interesse a rientrare in politica, nelle vesti di “regista” di questo prossimo governo nazionale…
Chissà, forse era a conoscenza che a breve i magistrati si sarebbero diretti verso di egli, per portare definitivamente a compimento, quanto non si era riusciti a fare in tutti questi anni, a seguito di quelle leggi “ad personam” fatte approvare nel corso dei suoi governi, proprio per permettergli di far decadere quella accuse a suo nome…
Ho l’impressione che questa volta però… gli finisce come a quel suo caro amico Bettino… 
Avrete modo di vedere come alla prima occasione, proverà a trasferirsi in qualche paradiso naturale (ed anche fiscale…), uno di quei paese che protegge da una eventuale richiesta di estradizione…
Ritornando alla sentenza… i magistrati di secondo grado hanno ribadito che Berlusconi ha corrotto con fiumi di denaro (sono all’incirca 3 milioni di euro) per l’ex senatore De Gregorio (Italia dei Valori), per fargli cambiare casacca e farlo passare così con il centrodestra, affinché potesse cadesse il governo Prodi. 
Purtroppo però la Corte d’appello non ha potuto far altro che sancire la prescrizione maturata già nel 2015… già, se non ci fosse questa norma, credo che più del 20% nel nostro paese oggi… sarebbe dentro!!!
E difatti, è proprio grazie ad essa che è stato impossibile confermare la condanna a tre anni, che l’allora Tribunale di Napoli aveva inflitto l’8 luglio del 2015 sia a Berlusconi che a Lavitola!!!
Lo ripeto sempre… “fatta la legge trovato l’inganno”!!!
Ovviamente i legali avevano provato a far passare la tesi di riqualificare il reato in “finanziamento illecito“… ma l’ipotesi della difesa è decaduta immediatamente. anche perché in ogni caso, non si cancellava il reato di corruzione…
Infine i suoi avvocati hanno provato a sostenere la tesi che quanto compiuto non avesse forma di dolo, anzi ne era priva…  ma i magistrati hanno bocciano anche questa tesi… rispondendo: “È del tutto pacifico che Berlusconi abbia agito con assoluta coscienza e volontà di corrompere un senatore della Repubblicaâ€!!!
Ho la netta sensazione che a breve non sentiremo più parlare di questo “incandidabile” individuo, certamente non più in quell’aula di parlamento… ma credo con molta probabilità, in un altra aula: quella del Tribunale!!!
Ripropongo un’altro interessante quesito richiesto in questi giorni dal M5Stelle ai propri sostenitori… sempre a nome dell’Avv. Mattia Alfano.
Ad oggi, grazie alla lungimirante intuizione e geniale visione di Giovanni Falcone, esistono le Direzioni Distrettuali Antimafia con procuratori, cioè organi requirenti, specializzati in ogni sede di Corte d’appello, coordinate dalla Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo con unica sede a Roma. 
Il M5Stelle chiede se siete d’accordo nel prevedere che tutti i processi legati alla criminalità organizzata di stampo mafioso si celebrino presso le sedi delle Corti d’Appello, formate da Giudici specializzati e muniti di idonee strutture. 
Prevedere dunque che oltre ai PM, chi è chiamato a giudicare, abbia la stessa specifica competenza e formazione di coloro, come i magistrati requirenti, che compiono indagini di contrasto alle mafie.
Il quesito a cui siete chiamati a rispondere riguarda la possibilità o meno di istituire presso le Corti di Appello delle sezioni di giudici specializzate per i reati di criminalità organizzata. 
Per comprendere questo quesito, occorre sapere prima un dato preliminare, ossia che la magistratura è suddivisa in due organi: uno requirente e inquirente, che sono cioè i pubblici ministeri e i procuratori generali che si occupano principalmente della fase investigativa, cioè di ricostruire la fondatezza delle accuse e di stabilire se sussistano degli elementi per poter mandare una persona a processo.
E poi ci sono i giudici, che sono le persone sono chiamate a stabilire la colpevolezza o l’innocenza era una persona accusata di un reato. 
Nel 1990 Giovanni Falcone ci ha lasciato una grande eredità: le sezioni distrettuali antimafia. 

La sua intuizione geniale è stata quella che, per combattere il fenomeno della criminalità organizzata, sarebbe stato necessario istituire degli organi ad hoc specializzati su questa tipologia di crimini accentrate presso i distretti di corte d’appello. 
Questo perché la criminalità organizzata ha delle particolarità tali per cui è necessario che ci siano dei magistrati inquirenti, specializzati sulle modalità operative di questa criminalità. 
E soprattutto che questi magistrati siano fra di loro coordinati, e abbiano una base regionale. Proprio perché la criminalità organizzata ha delle manifestazioni a carattere locale, ma poi si sviluppa su base regionale e base nazionale.

La proposta del Movimento 5 Stelle vuole istituire accanto a quelli che sono degli organi inquirenti, che già esistono, anche degli organi decisionali su base regionale che si occupino esclusivamente di criminalità organizzata. 
La lotta alla mafia richiede persone esperte che siano specializzate nel combattere questa tipologia di crimine. 
La criminalità organizzata spesso si manifesta con piccoli crimini su base locale, ma poi ha la sua manifestazione più grande su ramificazioni ed espressioni che si sviluppano su base regionale e nazionale. 

Spesso il singolo crimine su quale il magistrato è chiamato a decidere in realtà è la punta dell’iceberg; e la parte sommersa è quel molto di più su cui il magistrato dovrebbe avere conoscenze base per essere chiamato a decidere in senso completo e compiuto.

La proposta del Movimento 5 Stelle quindi vuol istituire degli organi decisionali che siano esperti su questa tipologia di crimine e che abbiano una base regionale, proprio perché c’è la consapevolezza che la tipologia del crimine messa in atto dalla criminalità organizzata di stampo mafioso è una tipologia di crimine che per essere pienamente apprezzata, in concreto, dal magistrato, ha bisogno di una base più ampia rispetto a quella del singolo magistrato di ciascun tribunale.
Dicevano gli antichi “scientia est potentia” cioè che la conoscenza è potere. 
La nostra volontà è quella di creare dei magistrati più esperti, più competenti, per far sì che la magistratura sia anche più forte nel momento in cui va a decidere i reati di criminalità organizzata. 
La criminalità organizzata deve avere una risposta dura da parte dello Stato, la volontà di creare dei magistrati più esperti è quella di creare anche dei magistrati più preparati, e quindi anche più forti nel combattere la criminalità organizzata…
Mi chiedo: non è che forse… è proprio ciò che in questo Paese non si vuole???
Vorrei riproporre quanto ritengo correttamente chiesto ai sostenitori del M5Stelle e cioè, se fosse giusto riformare la norma, nel caso in cui, a proporre l’appello sia il solo imputato e dove, attraverso tale richiesta, potrebbe incorrere eventualmente, anche in una condanna più pesante, rispetto a quella ricevuta in primo grado… 
Come sappiamo, il nostro ordinamento prevede che, se a proporre Appello è solo l’imputato, il giudice di secondo grado non può condannarlo ad una pena più alta ma può solo abbassarla o lasciarla identica… 
Il quesito invita a riflettere sulla valutazione di costi/benefici e garanzie in quanto oggi, una parte considerevole degli appelli sono fatti in modo strumentale per cercare di ottenere non solo una pronunzia più favorevole ma anche la prescrizione, senza rischiare, nel concreto, assolutamente nulla, con conseguente ingolfamento delle Corti di Appello e aggravio in termini di economia processuale e costi per la collettività.
Il divieto della “reformatio in peius” è un principio del nostro ordinamento, secondo il quale il giudice di appello non può modificare in senso peggiorativo la sentenza emessa dal giudice di primo grado, laddove vi sia un appello proposto esclusivamente dall’imputato.
Contrariamente a quello che possiamo pensare, il divieto di “reformatio in peius” è un principio che non è condiviso da altri ordinamenti democratici mondiali… 
Per prendere l’esempio forse più vicino all’ordinamento italiano, in Francia non c’è il divieto di “reformatio in peius”. 
L’effetto più evidente è in termini numerici. 
In Francia dove non c’è questo principio, gli appelli presentati sono circa 39 mila, in Italia invece, dove vige questo principio, abbiamo (dati ufficiali del Ministero della Giustizia) 260 mila appelli presentati.
Sostanzialmente l’imputato non ha alcun tipo di conseguenza nel presentare un appello, anche totalmente infondato o meramente dilatorio, perché in Italia ci sono quattro effetti principali per i quali un imputato propone appello.
Il primo, e più ovvio, è perché vuole dimostrare la propria innocenza all’interno di un procedimento nel quale ha avuto una condanna di primo grado. 
Ma questo non è l’unico effetto che l’imputato può provare ad ottenere proponendo appello. 
Ci sono tre effetti che forse si danno per scontati ma su cui bisogna mettere l’attenzione… 
Il primo è che proponendo appello abbiamo una dilazione e quindi un ritardo nell’applicazione e nell’esecuzione della pena.
Il secondo effetto, assolutamente rilevante, è che spesso nei procedimenti di primo grado c’è l’applicazione di una misura cautelare che ha dei termini tassativi decorsi i quali la misura cautelare deve essere revocata. 
Quindi proponendo l’appello ed allungando i termini processuali è possibile che l’imputato possa ottenere la scarcerazione, ad esempio.
L’ultimo effetto e il più evidente è che l’imputato può ottenere la prescrizione, di cui sentiamo spesso parlare anche sui giornali.
Perché l’imputato può proporre appello. 
Il tema si collega molto strettamente a quelli che sono i tempi della giustizia italiana.
Secondo i dati del Ministero della Giustizia un processo in Italia di primo grado dura in media 600 giorni. 
Un procedimento in appello dura più di 900 giorni. 
Il che vuol dire che con la proposizione anche di un appello totalmente infondato e meramente dilatorio l’imputato guadagna più di 3 anni solamente in attesa che la Corte d’Appello possa esaminare il suo appello.
Il principio per il quale l’imputato ha il diritto di impugnare una sentenza è sicuramente un diritto costituzionale, e un principio base e cardine del nostro ordinamento processuale. 
Certamente non può e non deve esserlo anche quello per il quale all’imputato non possa arrivare nessun tipo di conseguenza negativa per la proposizione di un appello che ha messo inutilmente in moto la macchina della giustizia.
La funzione principale del diritto penale è una funzione general preventiva. 
Che cosa vuol dire, che attraverso una punizione del colpevole si cerca di ottenere un’educazione di tutti gli altri consociati, per far sì che le persone, vedendo che chi sbaglia paga, si asterranno in futuro dal commettere delitti della stessa specie di quelli che hanno ottenuto una condanna.
Chiaramente con la tempistica che ho prima sottolineato questa funzione general preventiva si sta perdendo e si cerca di recuperarla attraverso un innalzamento delle sanzioni per provare a evitare anche la prescrizione, che purtroppo è sempre più evidente ed è sempre più rilevante in tutti i procedimenti di primo grado.
Questa proposta presentata dall’Avv. Mattia Alfano, cerca di avere un processo più snello, più efficace, perché un processo più breve è anche un processo che evidentemente svolge la sua vera funzione…
La verità è che forse nel nostro paese, questo procedimento non si vuole minimamente modificare, perché va bene così… a molti… a tutti… in particolare proprio a chi può attraverso quel ricorso, continuare a beneficiare di tutti quei compensi interessanti!!!
  
E’ stato rigettato dalla Corte Costituzionale il ricorso presentato dalla Regione Sicilia contro la Legge finanziaria del 2016!!!
La nostra regione aveva impugnato la norma sulla riduzione dell’aliquota Ires, sostenendo che questa, sommata ad altri tagli imposti dallo Stato danneggiava in maniera grave, le funzioni regionali…
E dire che la stessa Corte, per un ricorso analogo, quello presentato dalla regione Friuli Venezia Giulia, si è espresso in maniera differente, avendo quella regione, saputo dimostrare, le proprie ragioni di ricorso, attraverso le note di quanto riportato nel proprio bilancio…
Nella sentenza “siciliana” la Consulta ha ricordato come lo Statuto autonomo, non assicura alla stessa una garanzia quantitativa di entrate…
Il legislatore dello stato, può sempre in qualunque momento, alterare in positivo o negativo i tributi erariali, fino a sopprimerli del tutto, senza che ciò comporti una violazione dell’autonomia finanziaria regionale!!!
I giudici costituzionali hanno chiarito nella sentenza che la riduzione delle risorse fiscali introdotte dalla Stato e la loro interrelazione con misure di contenimento della spesa non hanno gravemente pregiudicato per la regione, lo svolgimento delle proprie funzioni…
La Regione cioè, non è stata in grado di dimostrare in quali modi, il taglio imposto dallo Stato, avesse di fatto pregiudicato il suo bilancio. 
Ecco, grazie quindi ai nostri meravigliosi tecnici dell’Assessorato all’economia, la Sicilia perderà ora, centinaia di milioni di euro!!!
Ma si, d’altronde di quanti ne abbiamo di questi milioni… uno più o uno meno, come ci potrebbero mai danneggiare???